Il nostro cervello è costituito da tante connessioni  tra i neuroni attraverso le sinapsi e riusciamo a rievocare i ricordi ripercorrendo i “circuiti” che queste connessioni stabiliscono.

Alcune cellule celebrali nell’invecchiamento naturale progressivamente si spengono e altre conservano l’attività nel cervello.

Stimolare significa supportare nella ricerca di risposte alternative e attraverso le pratiche cognitive si mira a mantenere l’attività dei neuroni funzionanti  che, a loro volta, ne ecciteranno altri a loro connessi. Il tentativo è quello di rallentare il decorso della perdita di memoria.
Disponiamo di diversi tipi di memoria, quali:

la memoria a breve termine che trattiene poche informazioni  per poco tempo. Ci serve nell’immediato per svolgere una attività di cui poi possiamo tranquillamente dimenticarci.

La memoria a lungo termine necessita di approfondimenti, collegamenti tra diverso materiale ed è composta dalla memoria esplicita o memoria del sapere/ delle conoscenze, la memoria autobiografica e episodica (eventi accaduti), la memoria prospettica (relativa al futuro, necessaria per la programmazione)

e dalla memoria implicita o memoria del fare composta dalla memoria procedurale costituita da comportamenti automatizzati per il raggiungimento di uno scopo e dalla memoria condizionata che rappresenta l’associazione tra uno stimolo e una azione della persona.

Chi si occupa di persone anziane che mostrano segni di perdita di memoria, magari di ostilità vive una forte perdita di fiducia nelle proprie capacità e senso di frustrazione.

Allora ci viene in aiuto una capacità di cui disponiamo per affrontare delle situazioni stressanti e alle volte traumatiche. Con il termine “trauma” si intende una sorta di ferita dell’anima che rompe l’abituale svolgersi degli eventi e che può portare a sintomi ansiosi e depressivi. La resilienza consente di cercare le risorse di cui disponiamo per fronteggiare una situazione di disagio. Questa nostra predisposizione ovviamente dovrebbe anche essere sostenuta a livello comunitario e da professionisti.

L’anziano perde lentamente la capacità di ragionare, la pianificazione di azioni della giornata, la capacità di svolgere le quotidiane attività di cura di se stessi, di comunicare in modo comprensibile con le persone vicine. Alle volte le difficoltà descritte vengono interpretate come intenzionali , suscitando nelle persone vicine rabbia e impazienza.

Allora stimolare, incoraggiare, incuriosire, svolgere attività gratificanti per la persona, mettendosi nei suoi panni diventa una strategia utile e positiva, abbandonando faticosamente il nostro punto di vista e cercando di comprendere quello del nostro/ nostra caro/a.

È importante considerare il livello di interessi, attività che quotidianamente quella persona ha svolto, proponendo sollecitazioni che siano adeguate e calate sul caso specifico, altrimenti si rischia l’effetto opposto, contribuendo a creare una situazione frustrante e quindi spiacevole per chi si trova già in difficoltà.

In sintesi stimolare cognitivamente significa:

  • valorizzare ciò che viene fatto in modo autentico
  • non preoccuparsi assolutamente del risultato, ma trarre gioia dalla attività in se stessa che si sta svolgendo
  • non costringere la persona a svolgere le nostre proposte
  • rendere accattivante l’attività per quella persona, cogliendo il momento in cui proporla e svolgerla
  • accettare il tempo della persona che è più lento
  • non dedicare troppo tempo alla stimolazione cognitiva, la concentrazione è labile.

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Giovanna Canziani