Mamma, ho paura del buio,
papà stai qui nella stanza fino a che mi addormento,
papà non voglio più andare a scuola, ho paura.
Se ci fermiamo a ricordare la nostra infanzia, possiamo rintracciare momenti in cui avevamo paura delle ombre che si proiettavano sulle pareti, piuttosto che di espressioni di un personaggio in un cartone animato, in un filmato che ci hanno particolarmente colpito e l’istinto associato era nascondersi dietro al cuscino, coprirci gli occhi con le mani.
Queste emozioni fanno parte dell’essere bambini e bambine, come la felicità, la rabbia, la tristezza e, a differenza di altre fasi della vita, sono prorompenti, mutevoli, di una intensità alle volte sconvolgente e tanto contagiosa. Alla base della paura ci sono le angosce di perdere e essere separati dalla madre che, finché si è piccoli e dipendenti ha una funzione fondamentale, vitale e costituisce quasi una parte di sé per sopravvivere; progressivamente è l’altra figura di accudimento che fa capolino e accompagna alla scoperta del mondo, allargando con la propria presenza/ affetto lo spazio da esplorare, introducendo altre tematiche centrali nello sviluppo quali il limite e le regole.
Le angosce che la bambina e il bambino provano vengono poi spostate su situazioni o oggetti esterni e la sensazione che si prova in questi frangenti è il senso di impotenza, l’incapacità di agire autonomamente. Durante l’infanzia si è egocentrici e si tende a pensare che tutto giri intorno a sé e i genitori con calma, pazienza e anche ironia benevola possono contribuire quotidianamente a sviluppare una progressiva lettura delle emozioni, a confrontarsi con i limiti e le piccole frustrazioni che ogni giorno ognuno di noi deve superare, ottenendo in cambio capacità di adattamento e integrazione progressiva degli opposti. Gli adulti che si occupano della crescita dei figli possono vivere conflitti, provare personalmente ansie che li distolgono dall’ascolto delle emozioni che i bambini esprimono e, se questa mancanza di sintonia si protrae nella relazione ad un livello troppo elevato, rischia di ostacolare la comunicazione emotiva che caratterizza i rapporti umani. Si parla di contenimento (holding) della funzione genitoriale, per indicare la capacità da parte dell’adulto nella relazione di accudimento di dare un significato a ciò che proviamo e organizzare prima attraverso l’altro, poi anche da soli, i nostri vissuti. In questo processo durante l’infanzia sono indispensabili i genitori e il contesto di vita. Il modo più congegnale non è negare o minimizzare la paura, l’ansia, bensì limitare e dare valore insegnando a gestire le sensazioni, parlando, trovando insieme un nome per definire quello che il piccolo o la piccola provano. L’iper-protezione che ostacola la progressiva autonomizzazione, come la trascuratezza che espone a rischi e pericoli non rapportati alle capacità e competenze infantili, sono condizioni che minano l’equilibrio nello sviluppo di ciascuno di noi. L’autenticità, l’ascolto e la partecipazione costituiscono degli elementi indispensabili per trasmettere serenità e sicurezza.
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Allora concretamente cosa possiamo fare?
Non fare sentire la bambina e il bambino soli, tutti abbiamo tensioni
orientarsi a trovare delle soluzioni per uscire da circoli viziosi che tolgono la speranza
imparare a respirare profondamente per ossigenare mente e corpo e comprendere che non siamo vittime di un pericolo incombente
stimolare a concentrarsi su attività distraenti l’ansia
ricordare insieme momenti in cui il bambino/ la bambina, nonostante la tensione siano usciti soddisfatti, rinforzando la fiducia in se stessi
ricordare che si affrontano insieme le difficoltà e si può chiedere un supporto
trovare insieme le più spaventose paure e cercare una soluzione.

Accettare i propri limiti come persone e genitori aiuta a calibrare le aspettative rispetto ai propri figli, accogliendo pregi e punti da sviluppare, scoprendo insieme talenti, inclinazioni senza incorrere in eccessive pretese.

Un bambino può insegnare tre cose ad un adulto:
a essere sempre contento senza motivo
a essere sempre occupato con qualche cosa
a pretendere con ogni forza quello che desidera
(P. Coelho)

Bibliografia
Freud S. Inibizione, sintomo angoscia (1925) OSF vol 10.
Freud S. Ossessioni e fobie (1894) OSF vol 2.
Winnicott D. W. Gioco e realtà (1974).
Khan M.M.R.Lo spazio privato del sè (1979).
S. Freud, Opere, Boringhieri, Torino, 1989, vol. V

Foto Giovanna Canziani